Note dell'Artista:
Eccovi la favolosa collana di film di Paolo Villaggio. Spero sia di vosto gradimento. Un grazie speciale a maryàm amon per aver elaborato/creato tutte le immagini
Titolo: Io speriamo che me la cavo
Anno: 1992
Regia: Lina Wertmüller
Genere: commedia, drammatico
Spina: 14 mm
TRAMA:
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Il maestro elementare Marco Tullio Sperelli viene trasferito a causa di un errore burocratico alla scuola Edmondo De Amicis di Corzano, diroccato comune del napoletano, anziché a Corsano, nella sua Liguria. Sin dal suo arrivo l'insegnante si trova a dover fare i conti con una realtà fortemente problematica: i bambini, tutti con difficoltà economiche più o meno pesanti, non frequentano regolarmente la scuola perché costretti a lavorare (pratica avallata persino dal sindaco) per aiutare le proprie famiglie, tanto che Sperelli deve andare a prenderli uno per uno in strada; la direttrice della scuola non svolge il suo compito perché non è mai presente; e il custode-bidello in odore di camorra prevarica la gerarchia scolastica svolgendo di fatto il ruolo di vero amministratore dell'istituto e vendendo carta igienica e gessetti.
Mentre Sperelli con grande fatica cerca di svolgere il suo mestiere, un giorno entra in classe Raffaele, un bambino con l'aspetto da camorrista, che aggredisce verbalmente il maestro, il quale a sua volta si arrabbia tirandogli uno schiaffo e facendolo fuggire. Il gesto gli porta il rispetto degli alunni, dettato dalla paura, ma Sperelli ne è disgustato e si mette in malattia. Quella sera riceve la visita della madre di Raffaele, disperata perché il primogenito è appena uscito dal carcere minorile e Raffaele ne sta seguendo le orme: la donna chiede al maestro di aiutare Raffaele a tornare a scuola. Il giorno dopo Raffaele si presenta in classe, ma solo per architettare uno scherzo ai danni dell'insegnante: delle feci in una scatola. Sperelli, dal canto suo, prende il gesto con leggerezza, non si arrabbia e recita la poesia "Strunz". Raffaele esce irato dalla classe: il gesto non ha sortito la minaccia prevista. Il maestro ha infine ottenuto l'approvazione degli alunni, senza l'uso della violenza, e decide di mandare una lettera al ministero per revocare la richiesta di trasferimento e restare a Corzano. L'otto marzo il fratello mezzano di Raffaele viene arrestato e Sperelli lascia un mazzetto di mimose sull'uscio di casa.
Prima delle vacanze di Pasqua, la classe va in gita alla Reggia di Caserta. Il pulmino è tallonato da Raffaele su un motorino (forse rubato), al quale a un certo punto sembra essere finita la miscela: il ragazzino raggiunge i compagni sul pulmino e il motorino è caricato sul tetto. Durante la gita, l'insegnante tenta di convincere Raffaele a svolgere un tema, come gli altri bambini. Nel pomeriggio si scopre la verità: Raffaele aveva solo finto di aver finito il carburante per unirsi alla classe, stare assieme al maestro e comportarsi, per una volta, come un coetaneo. Ne scatta la derisione da parte del gruppo e la comprensione da parte del maestro, che Raffaele vede come svilente nei propri confronti di "uomo" senza sentimenti. A sera, Sperelli riceve la lettera con cui gli viene comunicato il suo ritorno in Liguria. Quella stessa notte Raffaele chiama il maestro dalla strada: sua madre ha avuto una colica renale, gli ospedali non hAnno ambulanze disponibili, i privati pretendono cifre altissime e il maestro ha la macchina fuori uso (è lo stesso Raffaele che gli ha bucato le gomme e messo lo zucchero nel serbatoio, come vendetta per la figuraccia a Caserta). I due ottengono un passaggio da un contrabbandiere amico del ragazzino, ma una volta arrivati all'ospedale si trovano davanti al caos: infermieri sfaccendati e pazienti abbandonati nel corridoio, finché Sperelli è costretto a minacciare violentemente la suora caposala. Ne segue una riflessione: alla fine Raffaele ha reso peggiore il maestro, tanto quanto l'insegnante è riuscito a rendere migliore il ragazzino.
Il giorno successivo Sperelli riparte: alla stazione la classe lo saluta e Raffaele, giunto in solitaria, gli consegna un tema sulla sua parabola preferita, che il maestro leggerà in viaggio e che finisce con la frase "Io speriamo che me la cavo".
Mentre Sperelli con grande fatica cerca di svolgere il suo mestiere, un giorno entra in classe Raffaele, un bambino con l'aspetto da camorrista, che aggredisce verbalmente il maestro, il quale a sua volta si arrabbia tirandogli uno schiaffo e facendolo fuggire. Il gesto gli porta il rispetto degli alunni, dettato dalla paura, ma Sperelli ne è disgustato e si mette in malattia. Quella sera riceve la visita della madre di Raffaele, disperata perché il primogenito è appena uscito dal carcere minorile e Raffaele ne sta seguendo le orme: la donna chiede al maestro di aiutare Raffaele a tornare a scuola. Il giorno dopo Raffaele si presenta in classe, ma solo per architettare uno scherzo ai danni dell'insegnante: delle feci in una scatola. Sperelli, dal canto suo, prende il gesto con leggerezza, non si arrabbia e recita la poesia "Strunz". Raffaele esce irato dalla classe: il gesto non ha sortito la minaccia prevista. Il maestro ha infine ottenuto l'approvazione degli alunni, senza l'uso della violenza, e decide di mandare una lettera al ministero per revocare la richiesta di trasferimento e restare a Corzano. L'otto marzo il fratello mezzano di Raffaele viene arrestato e Sperelli lascia un mazzetto di mimose sull'uscio di casa.
Prima delle vacanze di Pasqua, la classe va in gita alla Reggia di Caserta. Il pulmino è tallonato da Raffaele su un motorino (forse rubato), al quale a un certo punto sembra essere finita la miscela: il ragazzino raggiunge i compagni sul pulmino e il motorino è caricato sul tetto. Durante la gita, l'insegnante tenta di convincere Raffaele a svolgere un tema, come gli altri bambini. Nel pomeriggio si scopre la verità: Raffaele aveva solo finto di aver finito il carburante per unirsi alla classe, stare assieme al maestro e comportarsi, per una volta, come un coetaneo. Ne scatta la derisione da parte del gruppo e la comprensione da parte del maestro, che Raffaele vede come svilente nei propri confronti di "uomo" senza sentimenti. A sera, Sperelli riceve la lettera con cui gli viene comunicato il suo ritorno in Liguria. Quella stessa notte Raffaele chiama il maestro dalla strada: sua madre ha avuto una colica renale, gli ospedali non hAnno ambulanze disponibili, i privati pretendono cifre altissime e il maestro ha la macchina fuori uso (è lo stesso Raffaele che gli ha bucato le gomme e messo lo zucchero nel serbatoio, come vendetta per la figuraccia a Caserta). I due ottengono un passaggio da un contrabbandiere amico del ragazzino, ma una volta arrivati all'ospedale si trovano davanti al caos: infermieri sfaccendati e pazienti abbandonati nel corridoio, finché Sperelli è costretto a minacciare violentemente la suora caposala. Ne segue una riflessione: alla fine Raffaele ha reso peggiore il maestro, tanto quanto l'insegnante è riuscito a rendere migliore il ragazzino.
Il giorno successivo Sperelli riparte: alla stazione la classe lo saluta e Raffaele, giunto in solitaria, gli consegna un tema sulla sua parabola preferita, che il maestro leggerà in viaggio e che finisce con la frase "Io speriamo che me la cavo".
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